[92] At subvenire certe potuit et conservare urbis tantas atque talis; vos enim ipsi dicere soletis nihil esse, quod deus efficere non possit, et quidem sine labore ullo; ut enim hominum membra nulla contentione mente ipsa ac voluntate moveantur, sic numine deorum omnia fingi, moveri mutarique posse. Neque id dicitis superstitiose atque aniliter, sed physica constantique ratione; materiam enim rerum, ex qua et in qua omnia sint, totam esse flexibilem et commutabilem, ut nihil sit, quod non ex ea quamvis subito fingi convertique possit, eius autem universae fictricem et moderatricem divinam esse providentiam; hanc igitur, quocumque se moveat, efficere posse, quicquid velit. Itaque aut nescit, quid possit, aut neglegit res humanas aut, quid sit optimum, non potest iudicare.
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92. Ma avrebbe potuto certamente intervenire e salvare citt? cosi grandi ed illustri. Voi stessi siete soliti
affermare che non v'? nulla che un dio non possa fare e, per giunta, senza fatica alcuna. Come le membra
dell'uomo si muovono senza alcuno sforzo sotto l'impulso del pensiero e della volont?, cos? al cenno divino ogni cosa
pu? prendere forma, muoversi e subire delle trasformazioni.
E questo voi affermate non spinti da anile superstizione, ma sulla base di precise leggi naturali. E' infatti vostra
convinzione che la materia primigenia da cui derivano e di cui constano gli esseri tutti sia di per s? suscettibile di
piegarsi e di trasformarsi s? che non v'? nulla ch'essa non possa foggiare o trasformare anche in un tempo minimo, ma
che sia la provvidenza divina a darle una forma ed una regola. Essa ? pertanto in grado di fare ci? che vuole, dovunque
si volga. Non resta quindi che concludere o che essa non conosce le sue possibilit? o che non si cura delle cose umane o
che non sa ci? che ? il meglio.
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